Il film è tratto da una novella di Pirandello che lo stesso scrittore trasformò in un atto unico. La trasposizione di Gabriele Lavia dell’Uomo dal fiore in bocca si svolge in una notte d’estate all’interno di una generica stazione ferroviaria siciliana, uguale a mille altre. Fuori piove a dirotto. L’ambiente spoglio, buio, senza tempo (gli orologi non hanno lancette) della sala d’attesa degli anni Trenta è stato ricostruito in un capannone della zona industriale di Modugno (BA) assieme ad una sezione della parte esterna dove si trovano la banchina e il binario. Il minimalismo della scenografia, in cui l’unica nota di colore tra il grigio prevalente illuminato dai lampi blu che attraversano i finestroni è rappresentata dagli allegri pacchetti che il “pacifico avventore” ha acquistato per la sua famiglia, lascia spazio ad una potente riflessione sulla vita e sulla morte.
L’impiego dei VFX ha permesso l’implementazione di scene di animazione e l'espansione virtuale del set, in un mélange equilibrato che fonde tradizione e innovazione. L’ambiente così ricreato, gigantesco, sporco e deserto, accoglie due uomini. Uno (Michele De Maria) pieno di vita, di impegni: la famiglia, il lavoro, i suoi sogni, le speranze, le angosce. L’altro (lo stesso Gabriele Lavia), ormai condannato a morte da un male incurabile (il fiore in bocca), ne ascolta con morbosa curiosità il racconto della piccola vita per coglierne l’assoluta assenza di senso, la stupidità delle illusioni, l’insulsaggine delle occupazioni e degli impegni inutili rappresentati da tanti “pacchetti” che impediscono all’ometto di poter vivere. Cioè di non “perdere il suo treno”.
Il film è tratto da una novella di Pirandello che lo stesso scrittore trasformò in un atto unico. La trasposizione di Gabriele Lavia dell’Uomo dal fiore in bocca si svolge in una notte d’estate all’interno di una generica stazione ferroviaria siciliana, uguale a mille altre. Fuori piove a dirotto. L’ambiente spoglio, buio, senza tempo (gli orologi non hanno lancette) della sala d’attesa degli anni Trenta è stato ricostruito in un capannone della zona industriale di Modugno (BA) assieme ad una sezione della parte esterna dove si trovano la banchina e il binario. Il minimalismo della scenografia, in cui l’unica nota di colore tra il grigio prevalente illuminato dai lampi blu che attraversano i finestroni è rappresentata dagli allegri pacchetti che il “pacifico avventore” ha acquistato per la sua famiglia, lascia spazio ad una potente riflessione sulla vita e sulla morte.
L’impiego dei VFX ha permesso l’implementazione di scene di animazione e l'espansione virtuale del set, in un mélange equilibrato che fonde tradizione e innovazione. L’ambiente così ricreato, gigantesco, sporco e deserto, accoglie due uomini. Uno (Michele De Maria) pieno di vita, di impegni: la famiglia, il lavoro, i suoi sogni, le speranze, le angosce. L’altro (lo stesso Gabriele Lavia), ormai condannato a morte da un male incurabile (il fiore in bocca), ne ascolta con morbosa curiosità il racconto della piccola vita per coglierne l’assoluta assenza di senso, la stupidità delle illusioni, l’insulsaggine delle occupazioni e degli impegni inutili rappresentati da tanti “pacchetti” che impediscono all’ometto di poter vivere. Cioè di non “perdere il suo treno”.
One More Pictures, Rai Cinema
In una stazione ferroviaria in Sicilia si incontrano due uomini e si fermano a conversare: uno ha un male incurabile e, mentre attende la morte, medita appassionatamente sulla vita, l’altro è un “pacifico avventore” che ha perso il treno ed è preoccupato delle frustrazioni della sua vita convenzionale.