
Una nuova stretta per il mondo della cultura è stata imposta ieri con il nuovo DPCM che, per contenere la crescita dei contagi da coronavirus, ha deciso la chiusura, tra le altre cose, di cinema e teatri fino al 24 novembre. Una decisione che ha scatenato la protesta del settore, che ha rivolto appelli e lettere aperte al premier Conte e al ministro Franceschini firmate da sindacati e associazioni (Anec, Agis, Afic, Anac, 100 Autori, Sindacato Giornalisti Cinematografici, Sindacato Critici) e personaggi autorevoli quali Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Pupi Avati, Cristina Comencini, Gabriele Salvatores e tanti altri.
Il mondo dello spettacolo ha un volume d’affari annuo di 3,1 miliardi di euro (lo 0,2% del PIL nazionale), e occupa stabilmente 142mila lavoratori. Le chiusure della scorsa primavera hanno provocato danni ingenti, con il 75% in meno di biglietti staccati. Inoltre su 1.218 sale in tutta Italia, il 20% non ha ancora riaperto; le perdite di incassi sono state di 123 milioni di euro. Le misure messe in campo dal MiBACT con il Fondo emergenze per lo spettacolo e la cassa integrazione per i lavoratori hanno in parte attenuato questa catastrofe ma si stima che questo nuovo stop provocherà un’ulteriore perdita di 64 milioni di euro e altre conseguenze negative sull’indotto.
Tra le motivazioni della protesta, l’evidenza, secondo le associazioni di categoria, che i luoghi dello spettacolo si siano rivelati tra i più sicuri, avendo messo in campo tutte le misure anticontagio e di distanziamento sociale, misure per le quali sono stati sostenuti ingenti investimenti. Agis ha rivelato che in quasi 3.000 spettacoli dal vivo realizzati tra il 15 giugno e il 3 ottobre, che hanno coinvolto poco meno di 350mila spettatori, si è registrato un solo caso di contagio.
Il ministro Franceschini, che si è detto addolorato per queste decisioni, ha fatto sapere che le imprese e i lavoratori saranno sostenuti in misura maggiore rispetto ai mesi passati e di aver erogato più di un miliardo di euro per sostenere il settore.