
Il 27 ottobre 1990 ci lasciava Ugo Tognazzi. Era nato a Cremona il 23 marzo 1922 e la sua carriera iniziò in teatro nel secondo dopoguerra grazie a Wanda Osiris. L’esordio al cinema arrivò nel 1950 con I cadetti di Guascogna di Mario Mattoli, ma dall’anno successivo e per tutti gli anni Cinquanta fece coppia fissa con Raimondo Vianello in molte pellicole, ma soprattutto col varietà televisivo Un, due, tre, che fu sospeso nel 1959 a causa di una scenetta satirica sul Presidente della Repubblica Gronchi. Fu licenziato dalla Rai, ma questo non impedì l’ascesa della sua carriera. Luciano Salce lo diresse ne Il federale (1961) stringendo con l’attore un lungo sodalizio.
Fu al servizio di grandi registi come Dino Risi (tra gli altri: La marcia su Roma, 1962, I mostri, 1963, Straziami ma di baci saziami, 1968), Ettore Scola (La terrazza, 1980), ma anche Pasolini, che lo diresse nel 1969 in Porcile, e Bertolucci, per il quale interpretò La tragedia di un uomo ridicolo (1981), che gli fruttò il premio come miglior attore a Cannes.
Vinse anche tre David di Donatello per i ruoli da attore protagonista ne L’immorale (Pietro Germi, 1967), La califfa (Alberto Bevilacqua, 1970), Amici Miei (Mario Monicelli, 1975). Fu proprio con la saga di Amici miei che ci regalò uno dei personaggi più indimenticati del nostro cinema, il conte Raffaello Mascetti, malinconico e squattrinato quanto implacabile quando si trattava di organizzare “zingarate” con i compagni di merende (come dimenticare le sue “supercazzole con scappellamento a destra”?).
Tognazzi fa parte di quel gruppo di "mattatori" che hanno fatto grande il cinema italiano, di cui fanno parte anche Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi, che hanno messo in mostra i difetti, le viltà, le fragilità dell'uomo contemporaneo.