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Carlo Verdone: ‘Vita da Carlo 4’ dedicata al CSC di Roma e ai suoi studenti

25-10-2025 Carmen Diotaiuti Tempo di lettura: 7 minuti

Un finale di stagione tutto dedicato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, la quarta, ultima, stagione di Vita da Carlo, disponibile su Paramount+ dal 28 novembre. Durante la presentazione alla Festa del Cinema di Roma, Carlo Verdone parla di fine di un percorso, confermando che questa quarta stagione - girata a Roma per 15 settimane, dal 14 novembre 2024 al 22 febbraio 2025 -  sarà anche l’ultima. “Questi cinque anni di lavoro sulla serie sono stati faticosi, impegnativi, ma mi hanno lasciato tanto. Sinceramente, se oggi mi dicessero: “devi assolutamente fare la quinta stagione”, io direi di no. Non ho più idee, non saprei più che cosa raccontare, perché credo di aver raccontato già tanto, pur avendo romanzato varie cose. In questa serie ho messo molto di me stesso, davvero tanto. Ma sono contento di aver realizzato questa piccola impresa e, forse, di essere stato il primo attore in Italia a raccontare se stesso in modo diretto. Ho lasciato una sorta di autobiografia romanzata, certo, ma con dentro tante verità”

Nella serie dopo la tempesta mediatica seguita alla sua esperienza sanremese, il protagonista decide di prendersi un periodo di auto-esilio in Costa Azzurra. Ma poi torna a Roma, accettando una nuova sfida: insegnare al Centro Sperimentale di Cinematografia. Questa idea, spiega Verdone, è anche un omaggio personale:

“L’ho vista come un omaggio a mio padre, che è stato dirigente per tanti anni al Centro Sperimentale, ma anche ai miei anni da studente, quando mi diplomai con Roberto Rossellini. Poi sono stato per molto tempo consigliere d’amministrazione, quindi quel posto per me è tutto: è l’inizio di tutto”.

Le riprese nel Centro Sperimentale, racconta, hanno avuto un significato profondo a livello personale: 

Questa stagione è dedicata ai giovani, ai miei studenti. Devo insegnare loro regia e spesso abbiamo contrasti, perché loro parlano un linguaggio diverso, vedono il mondo in un altro modo. Io vengo da un’altra epoca, ma cerco di capirli. Tra scontri ed entusiasmi, alla fine riusciamo a montare un saggio di regia, in collaborazione con il mio amico e nemico nella serie, Sergio Rubini, che fa di tutto per farmi cacciare dal Centro Sperimentale. Non mi sopporta: ricorda ancora che in Al lupo al lupo gli tagliai un monologo, e per lui fu un’offesa indelebile! Addirittura, nella serie organizza una petizione per togliermi i David di Donatello!”

Sergio Rubini feroce rivale di Carlo Verdone

Vita da Carlo 4 - Sergio Rubini, Carlo Verdone

Verdone non nasconde la soddisfazione di aver ritrovato un vecchio compagno di set: “Sono stato felice di avere di nuovo accanto a me Sergio Rubini, con cui avevo già lavorato in Al lupo al lupo. Recitare con lui è sempre bellissimo: siamo diversissimi, ma nei contrasti funzioniamo benissimo, soprattutto nelle litigate! E poi nella vita siamo amici come non mai”.

A quel punto, la parola passa a Sergio Rubini: “Io e Carlo ci siamo conosciuti proprio con Al lupo al lupo. Carlo ha sempre avuto propensione per i giovani, ha sempre lanciato nuovi talenti. Quando girammo insieme, io ero appena reduce dal mio primo film da regista, ero un giovane, e con lui imparai tantissimo. Sul suo set ti senti a casa: ti apre le porte del suo mondo, e impari cose che riguardano la vita, non solo il cinema. Ti insegna il valore della normalità, della semplicità, e ti mostra che recitare può essere qualcosa di naturale e divertente”.

Poi aggiunge: “In Al lupo al lupo eravamo due fratelli: io, un pianista tutto d’un pezzo; lui, un DJ un po’ sgangherato. Quando mi ha richiamato per Vita da Carlo, siamo ripartiti proprio da lì: io non gli ho mai perdonato di avermi tagliato quel monologo! E adesso lo ritrovo come presenza invasiva al Centro Sperimentale, che mi toglie spazio… ma ci divertiamo tantissimo. In scena litighiamo, ma nella vita c’è una bellissima amicizia. Sono molto orgoglioso del nostro rapporto, e penso che le nostre scene faranno divertire anche il pubblico”.

La Roma di Verdone: "Città cui devo tanto"

A un certo punto, il discorso si sposta su Roma, la città che ha sempre rappresentato il cuore del cinema di Verdone. “Ho amato e amo molto Roma, tanto da aver fatto film come Un sacco bello che solo un romano o qualcuno che amava veramente Roma poteva capirlo. Io Roma l’ho amata davvero tanto e continuo ad amarla. Ora, per fortuna, vedo che molte cose si stanno aggiustando — magari un po’ meno nelle periferie — ma nel centro qualcosa va meglio. Roma per me è tutto: l’atmosfera, i ricordi. È una città importantissima. Roma è un cantiere eterno, magari la vedranno meglio i miei figli. Ma è una città che mi ha dato tantissimo dal punto di vista umano: la vita di quartiere, il parlare con tutti, ascoltare i racconti della gente. Ho messo nei miei film tanti episodi, tanti personaggi mitomani e megalomani, e lo devo a questo grande teatro che erano le piazze di Roma: Campo de’ Fiori, Piazza San Cosimato, Testaccio. Roma non la lascerei mai. Ogni tanto, quando mi arrabbio, lo dico, ma al massimo potrei andare in campagna. E infatti il 17 novembre il sindaco mi farà “sindaco per un giorno di Roma”, dalla mattina alla sera, proprio come fece il grande Alberto Sordi: questa cosa mi ha molto commosso”.

A proposito della sua giornata da sindaco della Capitale racconta le sue aspettative: “Andremo in giro, sicuramente anche in centro, anche se in centro, ormai, c’è poco da vedere: lì le cose vanno meglio, il lavoro si sta facendo. Sicuramente, andrò anche nelle periferie, perché il grosso del lavoro non è solo nel centro, ma lì, dove i mezzi pubblici spesso lasciano a desiderare, dove il degrado è forte. Però se non si dà un buon esempio, se non si comincia con lavori concreti, gli abitanti continueranno a fregarsene. Invece, se vedono che qualcuno si occupa di loro, forse impareranno ad amare di più il loro quartiere.

Fare qualcosa per le periferie è importantissimo, essenziale. Bisogna anche migliorare il gusto estetico, perché spesso vengono autorizzate costruzioni assurde, senza alcun senso del colore o dell’armonia. In altre città europee non si vede una cosa del genere. Pensare che noi siamo il Paese del grande gusto, della pittura, dell’architettura! Dagli anni Sessanta in poi siamo diventati orrendi, davvero orrendi”.

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