Storicamente divisa tra un’anima italiana e una austriaca, il Trentino-Alto Adige è diventato popolare al cinema negli ultimi 10 anni e, in virtù della sua doppia identità culturale, è sfruttato per lo più dalle produzioni di mercati in lingua tedesca e italiana. Per gli spettatori nostrani la regione è televisivamente molto nota grazie a Un passo dal cielo, la serie tv girata in Val Pusteria, tra San Candido le Tre cime di Lavaredo, e il lago di Braies, dove si trova la palafitta di legno dimora del comandante della Guardia Forestale. Ma già negli anni Trenta il regista, attore e scrittore altoatesino Luis Trenker fece di cime e valli del Sudtirolo le protagoniste di un cinema di montagna basato sulle doti atletiche degli attori e l’audacia delle riprese ad alta quota, aprendo la strada allo sfruttamento cinematografico di luoghi unici in grado di coniugare vertiginose ambientazioni e atmosfere inclini a riflessioni filosofiche.
Stampa itinerarioNonostante Sils Maria sia una località delle alpi svizzere, location cruciale per la storia di Olivier Assayas, nonché titolo del film, la pellicola è stata realizzata anche sulle Dolomiti della Val Gardena, in particolare i dintorni di Col Raiser e il rifugio Juac per gli esterni (Selva di Val Gardena) e l’Hotel Grödnerhof a Ortisei per gli interni. La casa di montagna di Wilhelm Melchior è nella realtà Casa al Monte (Selva di Val Gardena). In diverse scene in esterni è possibile ammirare il Sassolungo, vetta principale del massiccio omonimo. Alcune scene sono state girate anche al Parkhotel Laurin di Bolzano. Filo conduttore della narrazione, a riflettere lo stato d’animo della protagonista e il suo personale viaggio introspettivo, è il suggestivo fenomeno meteorologico del Serpente del Maloja, da cui il regista rimase affascinato. Questo serpente di nebbia si manifesta in Engadina, nel passo del Maloja, (Svizzera) durante le prime ore del mattino in autunno e si allunga verso Sils, Silvaplana e Sankt Moritz.
Un teenager incontra Dani, un uomo togolese in fuga dalla guerra libica e insieme aspettano La prima neve che dà titolo al film di Andrea Segre e che, come una magia, tutto trasforma: paesaggi, forme e forse anche le persone. Lo scenario è quello dell’incontaminata Val dei Mocheni, in particolare la città di Pergine Valsugana, isola linguistica dove ancora oggi si parlano due dialetti, quello italiano e quello tedesco di origine bavarese. A Palù del Fersina (TN) si trova l’antica chiesetta del 1400 a cui sono dedicate molte inquadrature del film. La casetta-rifugio in pietra dell’undicenne Michele e dei suoi amici si trova in località Stelder. Salendo di quota, a 1700 metri, si trova il bosco Pichi, una delle poche foreste di larice in questa zona del Trentino, dove i ragazzini passano il tempo a giocare. Il “faggio del mas dei boci”, a Sant’Orsola, sempre nella Valle dei Mocheni, è alto 30 metri e ha 200 anni: qui Michele si rifugia in solitudine e scappa quando sorprende la madre in casa con un uomo. A Pergine, nella frazione Serso, si trova il lago di Restel, specchio d’acqua circondato dal verde dove Michele invita Dani a fare il bagno. Infine, la scena finale, in cui Michele confessa a Dani come ha perso il padre, è girata sulla Cima di Sopra Cunella, 2.037 metri di altezza e una vista mozzafiato sulla Val dei Mocheni e sull’Alta Valsugana.
La Val Senales, in Alto Adige, è una location che ha dato credibilità agli scenari di storie molto diverse tra loro. Per il film tedesco Lo straniero della valle oscura, ad esempio, servivano atmosfere da western che questo luogo che custodisce tradizioni antiche e riti secolari è stato in grado di dare.
Subito dopo, l’area viene utilizzata per Everest, mega produzione hollywoodiana che racconta una spedizione sul monte finita in tragedia e ispirata a una storia vera. Girato tra grandi difficoltà per accentuarne il realismo, fino a 1.800 metri di altitudine, dormendo in rifugi senza riscaldamento e con coperte elettriche per scaldarsi con temperature che sono scese anche a -30 gradi, il film è stato realizzato tra il Nepal, a Kathmandu e al Campo base dell’Everest, ma anche in Italia: in parte a Cinecittà, dove una piscina di 7 mila metri quadrati riempita con pietra basaltica è servita a ricreare in studio le rocce dell’Himalaya, e in parte proprio nella Val Senales, dove una squadra di circa 180 persone ha lavorato per rendere più realistiche le scene d’alta quota.