CANNES - Un’Italia senza cliché e senza filtri, dalle coste dell’Emilia-Romagna fino ai paesaggi quasi metafisici della Calabria. È Caravan, poetico esordio alla regia di Zuzana Kirchnerová presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes. Una coproduzione internazionale che intreccia l’anima dell’Europa centrale con quella dell’Italia. Il film, realizzato con il contributo del Ministero della Cultura italiano (300.000 euro dal bando per le coproduzioni minoritarie), vede la collaborazione tra la ceca MasterFilm, la slovacca Nutprodukcia e l’italiana Tempesta Film, con il sostegno di Eurimages, dell'Emilia-Romagna Film Commission e della Fondazione Calabria Film Commission.
Al centro di questa delicata narrazione c’è Ester, una madre single di 45 anni interpretata da Ana Geislerová. Ester si prende cura, da sola, del figlio quindicenne David, un ragazzo con disabilità cognitive gravi che richiedono assistenza costante. Sognando una breve pausa per sé, Ester parte per l’Italia, desiderosa di trascorrere due settimane a casa di un’amica. Ma il destino cambia i suoi piani e la costringe a portare con sé David in un viaggio attraverso il Paese, a bordo di un camper.
Tra soste improvvise e incontri inattesi, il viaggio si trasforma in una vera esplorazione dell’anima. L’incontro con Zuza (Juliana Brutovská Olhová), giovane spensierata e primo amore di David, apre una nuova prospettiva nella vita di Ester, spingendola a riscoprire sé stessa come donna, non solo come madre. Il film - una storia profondamente personale per la regista, mamma di un figlio disabile - tocca temi universali come la maternità, la femminilità, il senso di colpa e il desiderio di libertà.
Per la regista la scelta dell’Italia come ambientazione è dettata da molte ragioni, non solo geografiche ma anche narrative ed emotive, come racconta:
“Da più di vent’anni molti giovani uomini e donne dalla Repubblica Ceca vengono qui per lavorare durante l’estate. Era ed è una consuetudine diffusa, e spesso questi soggiorni si sono trasformati in qualcosa di più: conosco diverse donne ceche che oggi vivono nel Nord Italia, sposate con uomini italiani.
Caravan è anche una riflessione sul desiderio, sul sogno estivo di un Paese che, per chi non ha accesso al mare, rappresenta un orizzonte mitico, una fascinazione estetica e personale:
“Per noi cechi, l’Italia rappresenta da sempre un sogno estivo. Non avendo il mare, essendo un Paese al centro dell’Europa, guardiamo al Mediterraneo con desiderio. L’Italia è la meta più vicina, e col tempo si è trasformata in un vero e proprio simbolo di evasione, luce e calore. Man amo anche la campagna italiana, così varia e sorprendente. Una delle caratteristiche più affascinanti dell’Italia è la sua diversità interna: il Nord, il Centro, la Calabria: ognuna di queste regioni sembra appartenere a un mondo a sé. È come se esistessero dieci o forse più “Italie”, ognuna con un’identità propria, un’atmosfera unica. Poi c’è la luce. La luce italiana ha qualcosa di magico. Riesce a trasformare ogni paesaggio in una scena da film. E poi, ovviamente, c’è il cinema italiano che amo: da Fellini ad Alice Rohrwacher.”
Tra i tratti distintivi del film c’è la sua visione autentica, lontana dagli stereotipi, dell’Italia contemporanea. Un elemento che ha colpito sin da subito Carlo Cresto-Dina di Tempesta Film, tra le produzioni più sensibili al cinema d’autore europeo.
“Quando Susanna è venuta a cercarci con l’idea di girare un film in Italia, la cosa che ci ha colpito — leggendo le sue prime note, parlando con lei — è stata l’assenza di un’immagine cartolinesca del nostro Paese - racconta Cresto-Dina -. Il film aveva una visione vera, vissuta. Raccontava l’Italia nella sua lunghezza, nella sua varietà.”
Il riferimento è tanto geografico quanto culturale: un’Italia che si estende tra estremi molto diversi, dal Monte Rosa all’Etna, passando per mondi complessi e spesso invisibili allo sguardo turistico.
“Io vivo all’estero,” continua Cresto-Dina, “e so bene quanto sia difficile spiegare cosa significhi davvero la lunghezza dell’Italia. Caravan coglie questo: non solo un viaggio fisico, ma uno sguardo lucido e delicato sul presente del nostro Paese.”
Sin dalle prime fasi di scrittura, Caravan è stato concepito per essere ambientato in Italia, rendendo il Paese parte integrante della narrazione. Il percorso di Ester e David si snoda tra l’Emilia-Romagna e la Calabria, attraversando territori che si fanno metafora del cambiamento interiore della protagonista. In Romagna, le riprese si sono concentrate tra Ravenna, Cervia, Milano Marittima, Cesenatico, Bellaria-Igea Marina e il Lido di Volano, nel comune di Codigoro. Il film ha trovato qui non solo scenari suggestivi, ma anche una calorosa accoglienza da parte delle comunità locali, nonostante le difficoltà dovute alla devastante alluvione del 2023. Come ha raccontato Ilaria Malagutti di Tempesta Film “i produttori slovacchi e cechi sono rimasti colpiti dalla determinazione con cui il territorio ha reagito all’emergenza, offrendoci un sostegno fondamentale per portare avanti le riprese”.
Fabio Abagnato, direttore di Emilia-Romagna Film Commission, ha sottolineato il forte spirito collaborativo locale e il modo in cui Caravan riesce a raccontare le contraddizioni interne allo stesso territorio: “Le riprese sono state fatte poco dopo l’alluvione del 2023. Eppure, le comunità hanno risposto con grande disponibilità, senza ostacolare la produzione.”
Una regione che, nel racconto, diventa teatro di una duplice verità. Da un lato, rappresenta l’approdo stabile e integrato di una famiglia straniera, dall’altro diventa il luogo in cui quel passato migrante viene rifiutato o dimenticato:
“Mi ha colpito come la stessa terra, l’Emilia-Romagna, possa essere mostrata in modi così diversi sullo schermo. In Caravan, la famiglia benestante dell’amica della protagonista, stabilitasi da tempo in Emilia-Romagna, a Cervia, è anche quella che oggi pone resistenze all’accoglienza di David, il ragazzo che torna dal passato. Allo stesso tempo, questa è anche la stessa regione che in altri film — come quello con Greta Scarano — racconta un’accoglienza piena e incondizionata verso un fratello autistico.”
Dopo tre intense settimane in Emilia-Romagna, la produzione si è spostata per cinque settimane in Calabria, dove la troupe ha lavorato tra Melito di Porto Salvo, Bova, Bova Marina, Palizzi, Condofuri, Porto Saline Joniche, Roghudi, San Lorenzo, Brancaleone e Locri. Un paesaggio aspro e autentico, che diventa specchio delle emozioni della protagonista, fino all’ultima tappa nella Moravia del Sud, in Repubblica Ceca.
Per la Calabria Film Commission, Caravan rappresenta molto più di una semplice produzione ospitata sul territorio: è un tassello coerente e significativo di un lavoro di lungo corso legato alla valorizzazione della regione attraverso il cinema. A sottolinearlo è il Presidente della Calabria Film Commission Anton Giulio Grande che evidenzia la portata quasi simbolica dell’inserimento della Calabria nel racconto:
“Questo film per noi è importante perché dà continuità a un lavoro che portiamo avanti da tre anni, in modo indefesso, legato alla promozione e al marketing territoriale. Un lavoro che punta a far emergere, con forza, la bellezza del nostro territorio — anche nei suoi aspetti meno scontati,” spiega.
Nel film, la Calabria si pone in netto contrasto con l’Emilia-Romagna, sia per geografia che per rappresentazione emotiva. Se al nord la storia tocca corde più razionali, strutturate, il sud diventa scenario di passaggio e trasformazione, quasi sospeso nel tempo. "Un approdo fisico ma anche esistenziale. Una terra che si presta a una lettura quasi metafisica, profondamente diversa dall’Emilia-Romagna. Una sorta di anticamera che mette in scena un conflitto familiare profondo, ma anche un lento riequilibrarsi degli affetti.”
I borghi della provincia di Reggio Calabria, con il loro paesaggio austero e solenne, si caricano nel film di una forte valenza simbolica:
“È un luogo ideale per un certo tipo di cinema. Un cinema che racconta il dramma, ma anche la possibilità di equilibrio. Il film, pur toccando tematiche delicate e crude, riesce a restare profondamente educativo.”
A raccontare il lavoro visivo sul film è Cristina Bartoletti, location manager e responsabile della costruzione scenografica del mondo di Caravan. Il suo intervento mette in luce la complessità di un approccio che è insieme narrativo, sensoriale e fotografico:
“Abbiamo lavorato su tre livelli - spiega Bartoletti - il primo riguardava David, il protagonista: ogni elemento doveva poterlo attrarre visivamente e sensorialmente. Che si trattasse di una tenda con le perline, di un ombrellone o di una copertura particolare, tutto doveva creare ombre e stimoli che potessero catturare la sua attenzione, in linea con il suo comportamento.”
Il secondo livello era fotografico: gli elementi scelti dovevano avere un forte impatto visivo, non solo funzionale alla narrazione ma anche coerente con l’estetica del film: “Ogni oggetto, ogni spazio doveva essere anche fotogenico, visivamente forte. Nulla doveva essere lasciato al caso.” Ma è sul terzo livello, quello territoriale e cromatico, che il lavoro di differenziazione tra le due regioni, Emilia-Romagna e Calabria, diventa cruciale.
“Abbiamo cercato di distinguere nettamente le due aree, anche attraverso la palette cromatica. L’Emilia-Romagna è fatta di toni pastello: sabbia, salvia, azzurri. È una terra ovattata, in cui l’amica della madre vive una vita benestante e ordinata, quasi da cartolina. Ester, in quel contesto, arriva come una Cenerentola.”
Il contrasto con la Calabria è netto, non solo geograficamente ma anche visivamente: lì la regia e la scenografia scelgono una gamma di colori più caldi e intensi, per restituire l’idea di un viaggio di pancia, istintivo, emozionale. “Abbiamo rubato a ogni regione i suoi colori più autentici - conclude Bartoletti - . Tutto doveva essere incredibilmente vero, realistico, mai patinato. Sempre onesto.”
Il camper preso in prestito da Petra (Jana Plodková), vecchia amica di Ester, è il veicolo - letteralmente e metaforicamente - di un’evasione verso Sud e verso una ritrovata consapevolezza di sé. Anche la regia di Kirchnerová accompagna questo movimento, grazie alla fotografia evocativa di Simona Weisslechner e alla scenografia firmata dall’italiana Cristina Bartoletti, che restituisce con delicatezza la bellezza e la fragilità dei luoghi attraversati.
Nel cast anche volti italiani come Mario Russo, attore calabrese nel ruolo di Marco, giovane taciturno che aiuterà Ester a riscoprire la sua sensualità: “Partecipare a Caravan è stata un’esperienza intensa e profondamente umana. Il film affronta temi delicati con grande rispetto e verità e poter dare il mio contributo a questa storia è stato un onore. L'incontro con Zuzana è stato bellissimo: è una regista con una visione appassionata e autoriale del lavoro e recitare in Caravan è stato un viaggio emotivo forte per me. Se a questo aggiungiamo che tutto è successo nella mia terra, allora ogni cosa acquista un significato ancora ancora più profondo. Quando lavori nei luoghi in cui sei cresciuto non sei solo un attore che interpreta un personaggio, sei anche un figlio di quella terra che racconta una storia, che è anche la sua. Tornare a casa con un set è come chiudere un cerchio: porti il mestiere che hai imparato lontano, e lo metti al servizio di qualcosa che senti tuo da sempre”.
Caravan ha attirato l’interesse dei maggiori hub di sviluppo europei. Il progetto è stato selezionato all’Atelier della Cinéfondation di Cannes, al Venice Production Bridge della Mostra del Cinema di Venezia e ha beneficiato del percorso di mentoring del TorinoFilmLab, confermandosi tra le opere prime europee più promettenti dell’anno.
Caravan è finanziato dalla Televisione Ceca, dalla RTVS, da ARTE, dal Fondo per l’audiovisivo della Slovacchia, dal Fondo per l’audiovisivo della Repubblica Ceca, dal MIC-coproduzioni minoritarie, dalla Film Commission della Regione Emilia-Romagna, dalla Fondazione Calabria e dal finanziamento Europeo alle coproduzioni Eurimages.