Al MIA- Mercato Internazionale dell'Audiovisivo si è parlato di intelligenza artificiale e di come questa stia trasformando il settore audiovisivo, tra nuove opportunità e timori legati all’omologazione dei contenuti. Il ciclo di workshop Vertical AI, realizzato in collaborazione con il Creative Europe Desk Italy MEDIA e condotto da Sami Arpa e Céline Udriot, rispettivamente CEO e COO dell’azienda svizzera Largo.ai, ha approfondito, nel concreto, come l’intelligenza artificiale possa supportare già oggi la creazione di contenuti narrativi solidi, offrendo al tempo stesso strumenti concreti per raggiungere meglio il pubblico, rafforzare le strategie di marketing e distribuzione e, in tal modo, aumentare il potenziale di mercato dei progetti.
Maria Cristina Lacagnina, in rappresentanza del Creative Europe Media Desk Italia, ha aperto i lavori presentando le attività dei tre uffici italiani (Roma, Torino e Bari, coordinati da Cinecittà). “L’obiettivo di questo ciclo di incontri – ha spiegato – è quello di offrire ai professionisti una prospettiva pratica e operativa sull’uso dell’IA, soprattutto nelle fasi principali della produzione. La trasformazione digitale del settore e l’adozione delle nuove tecnologie sono priorità del programma MEDIA e stanno diventando ogni anno sempre più centrali, tant’è che oggi sono al centro di diversi schemi di finanziamento. Per questo motivo i workshop si concentreranno su tre aree che riteniamo fondamentali per il percorso MEDIA: sviluppo, produzione e audience engagement”.

Di creatività e rischio di omologazione ha parlato Sami Arpa durante la sessione introduttiva in cui ha offerto una panoramica sull’impatto dell’AI nel cinema, presentando dati e case study. Partendo da un’analisi della struttura narrativa dei film di successo, Arpa ha ricordato che la ripetitività delle storie è già una critica frequente del pubblico, e che l’avvento dell’IA potrebbe accentuare questa tendenza. In un workshop realizzato in Portogallo, ad esempio, venti professionisti del settore hanno usato strumenti di scrittura e generazione di immagini e video: tutti i gruppi, in modo indipendente, hanno finito per concepire la stessa tipologia di film – un sci-fi distopico con protagonista femminile.
“Se trattiamo l’AI come una bacchetta magica – ha spiegato – non otteniamo innovazione ma contenuti medi, figli delle tendenze del momento. L’adozione crescente dell’IA nel settore porta a un rischio di inflazione dei contenuti, con molta più produzione ma anche tanto rumore”.
Arpa ha distinto due approcci principali: AI predittiva, che analizza i dati del passato per offrire previsioni e insight (senza sostituire ruoli o processi); AI generativa, che interviene invece nella parte creativa, generando contenuti e immagini, e che rappresenta l’aspetto più dirompente e controverso. “Noi in Largo.ai – ha aggiunto – partiamo dalla predittiva, fornendo strumenti a produttori indipendenti e major, ma anche l’intelligenza artificiale generativa può diventare utile se utilizzata per rafforzare i professionisti e non per sostituirli”.
Nel corso della presentazione sono state illustrate alcune fasi del processo audiovisivo già interessate da applicazioni AI:
Per l’Europa, questi strumenti possono rappresentare un’opportunità decisiva, perché rendono accessibili – a costi ridotti – pratiche di testing che finora erano appannaggio quasi esclusivo delle grandi major statunitensi.
A presentare uno degli aspetti più innovativi delle applicazioni attuali Céline Udriot, co-fondatrice di Largo.ai, che ha illustrato come le nuove tecnologie consentano oggi di costruire gemelli digitali del pubblico. Il processo parte da persone reali che vengono sottoposte a un questionario dettagliato sul loro background, i gusti, le abitudini e le preferenze di visione. Da queste informazioni viene creato un digital twin, un alter ego virtuale che può essere interrogato in qualsiasi momento, anche senza la presenza fisica del partecipante. "Possiamo chiedere al gemello digitale – ha spiegato Udriot – quante volte va al cinema, cosa pensa di un personaggio principale, se si è identificato nella storia. Le risposte arrivano in tempo reale e permettono di simulare un focus group in maniera molto più rapida ed economica rispetto al metodo tradizionale". Per garantire l’accuratezza, viene applicato un secondo test: si confrontano le risposte del partecipante reale e del suo gemello digitale. Se la corrispondenza non supera il 90% – ha chiarito Udriot – il gemello digitale non viene incluso gruppo e viene eliminato.
Udriot ha anche distinto i pubblici simulati da quelli sintetici. Nel primo caso il punto di partenza sono persone reali che vengono digitalizzate e trasformate in avatar; nel secondo, invece, l’IA crea da zero una persona artificiale, senza alcun legame con individui concreti. I dati raccolti mostrano che il pubblico sintetico ha un’accuratezza del 70-80% rispetto al comportamento reale e risulta utile per individuare tendenze generali mentre il pubblico simulato, invece, raggiunge una precisione superiore al 90%, rendendolo uno strumento molto affidabile per test più specifici.
“Questi strumenti – ha concluso Udriot – permettono di democratizzare pratiche come i focus group, finora accessibili quasi solo ai grandi studi americani. Per il cinema europeo rappresentano un’occasione straordinaria per validare idee e sceneggiature fin dalle prime fasi, con costi sostenibili e tempi rapidi”.
In chiusura, Arpa ha sottolineato come l’uso diffuso dell’AI possa effettivamente portare a contenuti simili e standardizzati. Tuttavia, questo potrebbe trasformarsi in un’opportunità: “L’intelligenza artificiale è come una bacchetta magica. È vero, porterà a una certa omologazione, ma la vera domanda è: il pubblico accetterà questa uniformità? E i festival la accetteranno? La nostra risposta è chiaramente no. Perché? Perché l’AI usata come bacchetta magica produce contenuti “medi”, omologati. Questo però può avere anche un effetto positivo, alzare l’asticella".
Più persone useranno l’intelligenza artificiale in maniera standard, più spazio si aprirà per chi invece ha competenze creative vere e proprie, capaci di andare oltre l’omologazione. Quindi, anche con gli strumenti di AI, ci sarà sempre bisogno delle persone, dei creativi in grado di superare la mediocrità. Gli utenti comuni o meno esperti useranno l’AI per generare contenuti nella media; i professionisti e i veri creativi la useranno per distinguersi.