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Il cinema in Italia tra sale chiuse, perdite di incassi e ripresa delle produzioni

08-02-2021

Nel 2020 in Italia il box office ha incassato 182,5 milioni di euro, ed ha staccato 28,1 milioni di biglietti, una riduzione, rispetto al 2019, del 71% (635 milioni di euro di ricavi e 97 milioni di biglietti), secondo Cinetel. Escludendo i due primi mesi dell’anno, che stava ripetendo i buoni risultati del 2019 – forti anche dell’effetto Zalone, grazie al quale gli incassi viaggiavano ad un ritmo del 20% in più rispetto all’anno precedente – i numeri si fanno drammatici: dall’8 marzo gli incassi sono stati 33,7 milioni di euro (-93,2% sul 2019) e gli spettatori 5,3 milioni (-92,9% sul 2019).

I dati riflettono quanto accaduto nel resto d’Europa, in cui i principali mercati hanno fatto registrare un -75% la Gran Bretagna, -72,4% la Spagna, -69,5% Francia e Germania; nel mondo, secondo Hollywood Reporter, i ricavi al botteghino sono diminuiti del 72%, ovvero sono passati dai 42 miliardi di dollari del 2019 agli 11,5 miliardi del 2020.

Alla chiusura forzata delle sale italiane per gran parte dell’anno, si aggiunge un calo delle produzioni: i film distribuiti in sala in prima visione sono stati 246, ovvero 277 in meno sull’anno precedente; quelli di produzione o coproduzione italiana sono stati 124 (-93 sul 2019). Dati scoraggianti per un settore che nel 2019 occupava 61mila lavoratori diretti e 112mila indiretti, le cui perdite sono state in parte coperte da tra cassa integrazione, sussidi e ristori.

Fortunatamente, grazie all’adozione dei rigidi protocolli anticontagio, le produzioni internazionali sono tornate a girare dopo il lockdown di primavera: una ventina di produzioni internazionali hanno speso in Italia un budget medio di i 25-35 milioni di euro, e tra queste, non si possono non citare le riprese romane e veneziane di Mission Impossible 7.

Nel 2021, mentre ancora non si conosce una data di apertura delle sale, è attesa una ripresa delle produzioni per una spesa di 400-500 milioni di euro (stime Smart Cunsulting), grazie anche agli incentivi fiscali, tra cui il credito d’imposta “estero”, la cui l’aliquota passa dal 30% al 40%.