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'Tre ciotole', una Roma inconsueta dal racconto di Michela Murgia

26-09-2025 Vania Amitrano Tempo di lettura: 5 minuti

Dal libro di Michela Murgia, la regista spagnola Isabel Coixet (La mia vita senza me, 2003; La vita segreta delle parole, 2005; Foodie Love, 2019) realizza Tre ciotole, un film sulle relazioni, una storia che parla di vita, felicità e morte in cui i luoghi di una Roma meno consueta giocano un ruolo quasi fondamentale nella narrazione. Alba Rohrwacher ed Elio Germano sono i protagonisti del film al cinema dal 9 ottobre con Vision Distribution.

Tre ciotole

Marta (Alba Rohrwacher) è un’insegnante di educazione fisica, vive a Trastevere con il suo compagno Antonio (Elio Germano), chef in una trattoria di cucina romana, ma la loro relazione, dopo sette anni, è in crisi. Antonio decide all’improvviso di lasciare Marta e lei cade in un profondo stato di prostrazione. Marta non ha più nemmeno appetito e sta male anche fisicamente al punto che sua sorella Elisa (Silvia D’Amico) la obbliga a consultare un medico, la cui diagnosi però è assai grave. Mentre Antonio, nonostante tutto, sente ancora la mancanza della sua compagna, Marta cerca di riprendersi la sua vita e di assaporarla in modo diverso.

Dal libro di Michela Murgia

Tre ciotole è basato sull’omonimo libro di Michela Murgia, una raccolta di 12 racconti, da cui lo sceneggiatore Enrico Audenino con Isabel Coixet traggono un'unica storia che riesce a condensare in sé anche elementi e suggestioni delle altre narrate dalla scrittrice. “È stato un adattamento creativo – dice Audenino - Ci è sembrato che ad un certo punto che tutti i racconti parlassero tra loro e che creassero quindi un’unica storia in sottofondo. È stato naturale e anche divertente prendere gli elementi che più ci colpivano di questo libro e, in una specie di associazione libera, lasciare che si avvicinassero in maniera magnetica e che creassero un unico percorso”.

Il libro di Michela Murgia è una raccolta di racconti, non un romanzo unico – spiega Coixet - Il racconto 'Tre ciotole' è molto breve, ma intenso. Quello che abbiamo fatto è stato prendere questo nucleo e svilupparlo in un film, lavorando molto sui silenzi, sui gesti quotidiani, e trasformando un racconto breve in una storia cinematografica più ampia. La sfida è stata mantenere la delicatezza e la profondità del testo originale, ampliandolo senza tradirlo”.

La Roma di Tre ciotole

Nonostante la regista non sia italiana, gli ambienti urbani della Roma che accoglie la storia di Tre ciotole hanno un valore narrativo specifico all’interno del film che va al di là del semplice sfruttamento del paesaggio artistico della città più nota al mondo. “Non volevo ritrarre una Roma da cartolina ed era un pericolo nell’ambientare una storia in questa città e in un quartiere molto particolare come Trastevere. Per me la cosa più importante erano i personaggi e quella del film è una Roma un po’ idealizzata in cui il paesaggio è il riflesso dello stato d’animo della protagonista Marta”, spiega la regista.

Girato in 4:3, come a voler sbirciare da una finestra, i paesaggi urbani di Tre ciotole riflettono e disegnano soprattutto una geografia dell’anima e delle emozioni dei personaggi. Nel film Marta racconta di una Roma “sua”, non fatta di monumenti e opere d’arte, ma di muri, palazzi, finestre, ponti e nicchie che ad ogni angolo della città ospitano statue votive alla Madonna. Ne risultano scene ambientate in piccoli scorci meno consueti, non tipici, che per colori ed edilizia accolgono e quasi accompagnano visivamente la narrazione di sentimenti e pensieri difficili da esprimere.

Michela riusciva sempre a mostrare una prospettiva altra rispetto alle cose che ci raccontava – racconta Alba Rohrwacher - e anche la Roma che vediamo nel film, almeno rispetto alla Roma che io abito, è una città altra, che mi ha aperto un’altra angolazione rispetto alle stesse strade che io percorro tutte le mattine. Isabel racconta una storia di Michela Murgia facendo un'associazione coerente”.

Anche Elio Germano aggiunge: “È un punto di vista molto sincero, non turistico, e inedito. Una Roma sinceramente inquadrata riesce a raccontare meglio, con più facilità le cose e le persone rispetto a chi chi la abita, perché noi facciamo fatica a capirla. Quegli ambienti di una Roma estremamente contemporanea, senza alcun rimando ai monumenti, è la Roma di oggi, con i volti che la attraversano, i muri e quella, quella sottile sporcizia e quell'umanità libera di una città accogliente, che non giudica e che quindi permette tante interazioni tra mondi diversi”.

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