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Cinquant'anni senza Pier Paolo Pasolini

02-11-2025 Monica Sardelli Tempo di lettura: 3 minuti

Diventammo subito amici, noi amici impossibili. Cioè io donna normale e tu uomo anormale, almeno secondo i canoni ipocriti della cosiddetta civiltà, io innamorata della vita e tu innamorato della morte. Io così dura e tu così dolce.

Oriana Fallaci, lettera a Pasolini, 14 novembre 1975

La notte tra l'1 e il 2 novembre 1975, sulla spiaggia dell'idroscalo di Ostia, si spegneva tragicamente a 53 anni la voce di Pier Paolo Pasolini. Fu poeta, scrittore, pittore, drammaturgo e regista, tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento.

Nato a Bologna il 5 marzo 1922, visse in Friuli con madre e fratello e si trasferì a Roma nel 1950 anche per sfuggire ad alcuni scandali legati a denunce di corruzione di minori durante la sua professione di insegnante. Colpito in continuazione da accuse e censure per le proprie opere, passò la vita a testimoniare e a difendere, anche in sede giudiziaria, la propria radicale diversità, che esprimeva non solo nel lavoro, ma anche nella vita privata.

Dopo gli esordi come sceneggiatore accanto a maestri come Fellini, Bolognini e Bertolucci, fu regista di opere di successo: alla prima regia nel 1961 con Accattone, seguirono 14 anni di film tra cui Uccellacci e uccellini (1966), Medea (1969), Il Decameron (1971).

Davanti alla macchina da presa volle spesso attori non professionisti e la scelta dei luoghi fu sempre accurata: dai quartieri popolari della Capitale in Mamma Roma, con una splendida Anna Magnani (1962), alla sua versione de ll Vangelo secondo Matteo (1964)con Enrique Irazoqui nei panni di Gesù, l'amatissima madre Susanna in quelli della Madonna e tanti volti della strada, selezionati non per la bellezza patinata ma piuttosto il vissuto che i loro volti trasmettevano.

Per il Vangelo ritrovò nell’Italia meridionale un paesaggio che ricordava quello medio orientale di 2000 anni prima (scelta che avrebbero ripetuto altri registi decenni dopo, compreso Mel Gibson): la Galilea si trasferì così in vari ambienti rupestri di Calabria, Lazio, Sicilia e Puglia, mentre Gerusalemme rinacque tra i Sassi di Matera, dove il regista volle ambientare la passione, crocifissione e resurrezione di Gesù.

Se fin dal suo esordio con Accattone Pasolini inaugurava un cinema nuovo e personale, in cui poesia e realtà si fondevano con immagini di grande potenza visiva, in Salò o le 120 giornate di Sodoma, uscito postumo nel 1975, Pasolini rileggeva il celebre romanzo del marchese de Sade trasponendolo durante la Repubblica di Salò. Considerato non a caso il suo film-testamento, Salò conteneva un atto d'accusa contro il potere politico, religioso, economico e giudiziario, la ricerca dello scandalo allo scopo di provocare una reazione morale.

Pasolini morì allo stesso modo in cui era vissuto. Ancora oggi, a distanza di 50 anni, le circostanze che portarono alla sua scomparsa non sono chiare. Quel che è certo è che a mettere fine alla sua vita fu uno (o più) dei suoi ''ragazzi di vita''.