Il territorio romagnolo interessato dall’estrazione dello zolfo si estendeva trasversalmente fra le valli del Rabbi, del Bidente e del Savio. Le miniere sorte in periodi diversi sono state quelle di Predappio nella valle del Rabbi, di Valdinoce, Polenta e Valdimauro nella valle del Bidente, di Boratella e Formignano nella valle del Savio.
L’insediamento più importante, il villaggio minerario Formignano presso Borello di Cesena raggiunse nel corso del tempo risultati di assoluto rilievo. La produzione di zolfo, documentata in età romana, medievale ed anche in epoca pontificia, divenne molto intensa subito dopo l'Unità d'Italia, durante la gestione della Società Miniere Solfuree di Romagna. L’attività proseguì sino al ventennio compreso fra le due guerre, caratterizzato da una buona stabilità economica e dal passaggio della proprietà alla Società Montecatini, che avrebbe gestito la produzione sino alla crisi degli anni Cinquanta ed alla definitiva chiusura degli impianti, avvenuta nel 1962. Ad oltre quaranta anni dal suo abbandono, il villaggio minerario di Formignano si trova in uno stato di avanzato degrado, ma conserva ancora la sua struttura originaria, costituita da tre grandi edifici e da alcuni fabbricati distribuiti lungo due strade parallele.
Testimoniano il passato industriale gli uffici, le officine, i magazzini, i forni, le discenderie, le cabine elettriche ed altre costruzioni destinate allo svolgimento dell'attività estrattiva.
Il complesso è diventato proprietà del Comune di Cesena che intende attuare un progetto di recupero dell’insediamento minerario.
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