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Alla festa della rivoluzione: l’utopia di D’Annunzio a Fiume, ricostruita tra Udine e Trieste

24-10-2025 Carmen Diotaiuti Tempo di lettura: 10 minuti

Fiume, 1919. Alla fine della Prima guerra mondiale, un momento buio della storia italiana, nel pieno del clima incandescente che precede il fascismo, ci fu un breve momento storico in cui tutto sembrava possibile. In quell'oscurità un uomo accende un fiammifero, una luce: Gabriele D'Annunzio, il poeta-guerriero, prende con la forza della poesia la città di Fiume per farne una città-stato utopica, una società ideale dove l’arte è al potere, l’omosessualità è accettata e la parità tra uomo e donna è una delle basi.

Alla festa della rivoluzione di Arnaldo Catinari, presentato alla Festa di Roma nella sezione Grand Public, racconta questa vicenda poco conosciuta, ma ricca di potenzialità cinematografiche. Tra spy story, storia d’amore e analisi dell'animo più autentico di D'Annunzio, il film esplora diversi livelli narrativi per restituire un ritratto anarchico e rivoluzionario di un tempo e di un uomo.

Catinari e Muccino: il film rivela un D’Annunzio sconosciuto

Ambientato negli Anni '20, Alla festa della rivoluzione è una produzione storica in costume, liberamente ispirato all’omonimo saggio di Claudia Salaris edito da Il Mulino, e con la sceneggiatura scritta da Arnaldo Catinari e Silvio Muccino.  “La cosa più incredibile di questo saggio è che racconta una storia che più o meno tutti noi dovremmo conoscere, ma che in fondo non conosciamo. È la storia di un uomo, un poeta, che prende una città e ne fa il suo stato utopico, la sua società ideale - rimarca Catinari - Quello che ci ha affascinato è stato proprio questo: cercare di raccontare una storia anarchica, con un protagonista che è sempre stato visto come un protofascista, ma che invece probabilmente non era ciò che la storiografia ufficiale ha descritto. Raccontare quest’uomo dal punto di vista dell’arte assoluta: ecco ciò che mi ha affascinato di più”.

“Senza dare nulla per scontato — aggiunge Silvio Muccino - abbiamo voluto presentare il mondo dei reduci di guerra, degli arditi, la filosofia e la cultura che in quel momento si respiravano. E soprattutto, che cosa significava Gabriele D’Annunzio in quel contesto. La grande difficoltà era che, anche muovendoci su un livello non strettamente storiografico o letterario, ma cinematografico, non avevamo appigli. Stranamente, negli ultimi anni ho iniziato a vedere piccole cose che parlano di Fiume — per esempio un documentario slavo — ma in realtà l’unico riferimento cinematografico che mi viene in mente è la prima puntata di ‘M’, dove in qualche modo si fa riferimento all’esperienza di Fiume, ma dal punto di vista di Mussolini. Questo film, paradossalmente, è il controcampo: racconta quella stessa storia, quello stesso momento, ma dal punto di vista di D’Annunzio: è proprio questo a renderlo estremamente affascinante.

Fiume, tra utopia e realtà storica. Location tra Udine e Trieste

Alla festa della rivoluzione  è una produzione IIF - Italian International Film con Rai Cinema, le riprese sono iniziate il 21 ottobre 2024 in Friuli Venezia Giulia e proseguite per sette settimane di lavorazione, fino al 6 dicembre 2024. Durante questo periodo, circa venti maestranze regionali sono state coinvolte nei vari reparti, insieme ad oltre 700 presenze di figurazioni generiche. Per la realizzazione del film la produzione ha beneficiato del supporto logistico e del contributo della Friuli Venezia Giulia Film Commission – PromoTurismoFVG.

Tra le location principali, la città di Udine e la sua provincia, dove la troupe cinematografica è stata presente per circa cinque settimane.  Le riprese in città hanno coinvolto – oltre a diverse residenze storiche private – Libertà, Palazzo D’Aronco, Piazza XX Settembre e Palazzo Kechler, via Verdi e la Loggia del Lionello e il Chiostro della Basilica della Beata Vergine delle Grazie. Utilizzate anche residenze storiche private, come Villa Giacomelli a Pradamano e Villa Pace a Tapogliano.

“Abbiamo avuto una disponibilità massima dalla Friuli Venezia Giulia Film Commission, che voglio ringraziare”, ha rimarcato il regista. Il Palazzo del Governatorato di Fiume lo abbiamo ricreato nel Palazzo del Comune di Udine, che ci è stato messo completamente a disposizione. È un edificio perfetto anche dal punto di vista architettonico, perché più o meno è coevo all’esperienza fiumana. È stata una grandissima opportunità, è un grande vantaggio riuscire a concentrare in un’unica location moltissime scene, anche gli uffici di D’Annunzio li abbiamo girati lì”.

Il set si è poi spostato a Trieste, al Palazzo Carciotti e presso l’hotel Double Tree by Hilton; nei sotterranei di Palmanova, e a Gorizia, alla Sala degli Stati Provinciali del Castello.

Gli interpreti e la scoperta dei personaggi

Beatrice (Valentina Romani), una determinata spia al servizio della Russia, è a Fiume il giorno in cui il vate ed eroe di guerra Gabriele D’Annunzio (Maurizio Lombardi) dà il via alla sua rivoluzione visionaria. Ma proprio durante la festa d’insediamento si trova coinvolta in un attentato alla vita del poeta. Scoprire quali sono i nemici della rivoluzione è di prioritaria importanza: per Beatrice che è lì per proteggere D’Annunzio e per Pietro (Riccardo Scamarcio), il capo dei servizi segreti italiani combattuto tra dovere e ideali, e per Gulio Leone (Nicolas Maupas), medico e disertore della Grande Guerra, vicino agli ambienti anarchici.

Per Maurizio Lombardi, interpretare D’Annunzio è stato un viaggio di scoperta: “Non ho fatto una mimesi, ma è stato un divertimento scoprire un mondo che a scuola ci hanno insegnato male e scoprire che era una babele meravigliosa di lingue, di sesso, di eros, di rivoluzione e soprattutto di grande modernità”. Lombardi sottolinea come il film abbia aperto la possibilità di raccontare un D’Annunzio più complesso e sfaccettato rispetto alla versione comunemente nota e gli abbia regalato "lo stupore e il divertimento nel poter indossare i panni di un uomo che è tutt’altro da quello che ci insegnano".

Riccardo Scamarcio ha raccontato il suo approccio al personaggio ambiguo che interpreta che "affonda le radici in una tipologia di uomo tipica di quegli anni. Ha origini popolari e, in questo senso, un po’ incarna l’inizio del concetto fascista, che nasce da una voglia di riscatto da parte del popolo. Dopo la Prima guerra mondiale, molti sentivano questa esigenza di una scalata, quindi di una rivoluzione popolare, che poi, come sappiamo, prenderà la deriva storica che conosciamo". Un’esperienza, racconta, arricchita anche dal clima conviviale sul set, tra ristoranti tipici del Friuli-Venezia Giulia e il calore della troupe.

Valentina Romani, ha descritto la sua esperienza con un personaggio complesso e in evoluzione: “Parte rotta, mossa da profonda fame di vendetta, e grazie all’incontro con Giulio riesce a colmare le proprie crepe con consapevolezza e sentimenti”. Anche fisicamente impegnativa, la parte ha rappresentato per lei una sfida stimolante.

Nicolas Maupas ha descritto la costruzione del suo personaggio come un percorso simbolico che parte dai vestiti che indossa: “Apre giubbotti e armature, liberandosi alla fine del film dai tanti strati che compongo il suo vestiario, come metafora della sua crescita”. Riflettendo sul contesto storico, ha aggiunto che la “vittoria mutilata” e il senso di comunità dell’epoca hanno influenzato la sua interpretazione, rendendo il lavoro sul set un viaggio intenso.

D’Annunzio e le prigioni di Fiume, tra buio e luce

Silvio Muccino ha poi analizzato la scena in cui il Vate si confronta con Giulio Leone nelle prigioni di Fiume, rimarcandone la potenza espressiva: “Fotograficamente e dal punto di vista del dialogo, attraverso buio e luce, mostra il sogno e la distruzione del sogno di D’Annunzio". La scena mette in luce il ritratto complesso del poeta: eroe di guerra, visionario, ma anche precursore di eventi storici drammatici. Tra gli accadimenti che hanno affascinato gli autori, sottolinea, il fatto che durante la guerra D’Annunzio avesse perso la vista: "conosce il buio, un’oscurità che è bivalente: l'oscurità del mondo e l’oscurità del momento storico". Ma prima di quell'ora buia, D’Annunzio progetta la luce, vede Fiume e immagina un futuro luminoso.

"Nella scena della prigione si evince anche la sua ambizione e la sua scesa a patti con la realtà -  continua Muccino - Abbiamo voluto fare un ritratto onesto di D’Annunzio: generalmente si sa poco, e si dice che fosse un protofascista illusorio. Non è così. D’Annunzio è incredibilmente sfaccettato: è un eroe di guerra nel 1919, un grande visionario, ma anche la persona che inventa e suggerisce, in qualche modo, la Marcia su Roma e l’ascesa di Mussolini. Passa dal sognare un nuovo Rinascimento a confrontarsi con la realtà, e con la sua dichiarazione 'Bisogna saper agire per il popolo nonostante il popolo'  il sogno cede alla violenza, preparando la seconda notte che sta per arrivare". 

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