Elisa, quarto lungometraggio di finzione del regista ischitano Leonardo Di Costanzo in concorso alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è la storia di una donna in carcere per aver ucciso la sorella ed è liberamente ispirato agli studi dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali nel saggio “Io volevo ucciderla”.
Elisa, una ragazza di buona famiglia in carcere da 10 anni per avere ucciso brutalmente la sorella, è interpretata da Barbara Ronchi, mentre il criminologo Alaoui, che conduce uno studio sui delitti in famiglia e segue Elisa, è interpretato dall’attore Roschdy Zem. Nel cast anche Diego Ribon e Valeria Golino. Firmano la sceneggiatura, insieme a Di Costanzo, Bruno Oliviero e Valia Santella.
Il film evita riferimenti temporali precisi e crea un’atmosfera volutamente sospesa nel tempo. La storia si propone, invece, di scavare nella complessità dell’animo umano.
L'ambientazione è montana: l’Istituto Moncaldo, dove Elisa sconta la sua pena, non è un carcere chiuso da sbarre, ma uno spazio ampio, a contatto con la natura, dove le donne condannate convivono e lavorano e con l’obiettivo di reinserirsi nella società.
Le riprese del film si sono svolte in Alto Adige dove sono state coinvolte, fra cast e troupe, una sessantina di persone. Parte della produzione è stata impegnata anche in Svizzera, nel Canton Ticino, nelle località di Mendrisio, Vacallo, Morbio Superiore e Stabio con il sostegno della Ticino Film Commission.
L'opera ha ricevuto un finanziamento per la fase di sviluppo da parte della Regione Emilia-Romagna e un finanziamento di 500.000 euro per la produzione dalla IDM Film Commission.
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Elisa, una ragazza di buona famiglia in carcere da 10 anni per avere ucciso brutalmente la sorella, è interpretata da Barbara Ronchi, mentre il criminologo Alaoui, che conduce uno studio sui delitti in famiglia e segue Elisa, è interpretato dall’attore Roschdy Zem. Nel cast anche Diego Ribon e Valeria Golino. Firmano la sceneggiatura, insieme a Di Costanzo, Bruno Oliviero e Valia Santella.
Il film evita riferimenti temporali precisi e crea un’atmosfera volutamente sospesa nel tempo. La storia si propone, invece, di scavare nella complessità dell’animo umano.
L'ambientazione è montana: l’Istituto Moncaldo, dove Elisa sconta la sua pena, non è un carcere chiuso da sbarre, ma uno spazio ampio, a contatto con la natura, dove le donne condannate convivono e lavorano e con l’obiettivo di reinserirsi nella società.
Le riprese del film si sono svolte in Alto Adige dove sono state coinvolte, fra cast e troupe, una sessantina di persone. Parte della produzione è stata impegnata anche in Svizzera, nel Canton Ticino, nelle località di Mendrisio, Vacallo, Morbio Superiore e Stabio con il sostegno della Ticino Film Commission.
L'opera ha ricevuto un finanziamento per la fase di sviluppo da parte della Regione Emilia-Romagna e un finanziamento di 500.000 euro per la produzione dalla IDM Film Commission.
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Elisa, 35 anni, è in carcere da dieci anni, condannata per avere, senza motivi apparenti, ucciso la sorella maggiore e averne bruciato il cadavere. Sostiene di ricordare poco o niente del delitto, come se avesse alzato un velo di silenzio tra sé e il passato. Ma quando decide di incontrare il criminologo Alaoui e partecipare alle sue ricerche, in un dialogo teso e inesorabile i ricordi iniziano a prendere forma, e nel dolore di accettare fino in fondo la sua colpa Elisa intravede, forse, il primo passo di una possibile redenzione.