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Cinque ville per una: il barocco siciliano e non solo ne 'L'arte della gioia'

19-06-2025 Gianni Pittiglio Tempo di lettura: 9 minuti

ARTE E LOCATION - Il cinema nei dettagli

Ne L'arte della gioia di Valeria Golino domina il barocco: quello di grandi ville aristocratiche, ma anche di un'eccellenza urbana come Catania, il cui centro storico dal 2002 è stato dichiarato patrimonio UNESCO, insieme agli altri sette centri tardo-barocchi del Vallo di Noto (Caltagirone, Militello, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Scicli). Il resto delle location è stato trovato tra Sicilia e Lazio.

È subito una sorpresa la realtà della villa siciliana in cui, dopo le burrascose vicende della sua infanzia, si ritrova a vivere la giovane protagonista Modesta (Tecla Insolia), ospite della principessa Gaia Brandiforti (Valeria Bruni Tedeschi).
Le sequenze della villa settecentesca, infatti, sono il risultato di ben quattro ville di Bagheria, Villa Valguarnera, già recentemente sfruttata da Ferzan Ozpetek per La dea fortuna (2019), Villa Trabia, Villa Spedalotto e Villa Palagonia, e una nei pressi di Roma, Villa Parisi a Monte Porzio Catone.

Villa Valguarnera venne progettata dall’architetto domenicano Tommaso Maria Napoli nel 1712 per i principi Valguarnera, che in linea ereditaria ne sono ancora proprietari. È caratterizzata da due grandi ali simmetriche di chiara influenza berniniana (si pensi al colonnato di San Pietro) che chiudono l’ampio cortile antistante all’edificio principale, costituito da due avancorpi laterali e da una parte centrale arretrata, secondo un modello architettonico diffuso sin dal Cinquecento romano, con Villa Farnesina, Villa Medici, fino all’inizio del secolo seguente con il casino di Villa Borghese.

Modesta e Beatrice su una delle ali laterali di Villa Valguarnera - © P. Ciriello

Nella serie, sulla terrazza centrale, vediamo affacciarsi più volte la principessa Gaia interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, mentre sulle parti sommitali delle ali laterali corrono Modesta e Beatrice in una delle sequenze più liberatorie della storia.

Anche Villa Palagonia fu progettata da Tommaso Maria Napoli, che fu chiamato nel 1715 da Ferdinando Gravina e Crujllas, IV principe di Palagonia; mentre Villa Trabia fu commissionata a metà Settecento dal principe di Comitini, Michele Gravina, all'abate architetto Nicolò Parma. Villa Spedalotto, invece, già rifugio di Johnny Stecchino nell'omonimo film di Roberto Benigni (1991), è leggermente al di là di Bagheria, nel comune di Santa Flavia, e fu opera dell’architetto Giovanni Emanuele Incardona, che la edificò in forme neoclassiche tra 1783 e 1794 per il cavaliere Barbaro Arezzo, da cui l'acquistò il marchese Paternò di Spedalotto a cui la villa deve ancora il suo nome.

Di Villa Parisi a Monte Porzio Catone, nella serie di Sky, viene utilizzato soprattutto il grande salone centrale, dove Beatrice segue le sue lezioni di ballo con un azzimato precettore, interrotte dall’esuberanza di Modesta. La villa, così vicino a Roma, fu edificata nei primi anni del Seicento come residenza estiva del cardinal Ferdinando Taverna, che incaricò Girolamo Rainaldi, ma già nel 1614 passò al rapace accumulatore di proprietà e opere d’arte Scipione Borghese, il cardinal nepote di Paolo V (1605-21), che commissionò diversi interventi all’architetto di casa Borghese, l’olandese Jan van Santen, meglio noto come Giovanni Vasanzio, che ad esempio costruì Ninfeo e Giardino segreto.

La decorazione delle sale fu affidata a diversi pittori, come i romani Giuseppe e Domenico Valeriani, il paesaggista bavarese Ignazio Heldman, il polacco Taddeo Kuntze e il lombardo Giovan Battista Marchetti.

Il salone che vediamo ne L’arte della gioia è quello “delle feste” e fu affrescato nel Settecento, motivo per cui è risultato perfetto per rappresentare parte della villa della storia narrata. Gli autori delle pitture sono i fratelli Valeriani e i soggetti, che intravediamo nelle scene, sono le personificazioni femminili delle Arti, Quattro Telamoni che reggono architetture, e poi simboli di Roma, come la lupa con Romolo e Remo sopra il camino e i busti degli imperatori.

Danneggiata durante la Seconda guerra mondiale, quando venne occupata dal comando tedesco e poi dai soldati americani, dopo i bombardamenti alleati Villa Parisi ospitò famiglie di sfollati fino al 1951.  

Dal Castello Orsini Odescalchi di Bracciano agli edifici di Catania

Altra importante location laziale della serie è poi il Castello Orsini Odescalchi di Bracciano, dove viene ambientato il convento retto dalla badessa Eleonora, in cui Modesta cresce sin dall’infanzia, anche se la cappella e il cortile con la fontana sono quelli dell’abbazia benedettina di Santa Maria del Bosco a Contessa Entellina, in provincia di Palermo, oggi trasformata in relais.

Il villaggio contadino attorno alla villa Brandiforti, invece, dove Modesta ritrova l’empatia per le persone semplici verso cui è naturalmente portata, è ricostruito nella masseria di Valle Fame nel comune di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, ma dal punto di vista storico artistico l’altra eccellenza è rappresentata dai pochi minuti ambientati a Catania.

Via di San Benedetto a Catania: sullo sfondo Palazzo Asmundo Francica Nava,
ai lati le chiese di S. Benedetto e di S. Francesco Borgia - © P. Ciriello

Della città vediamo la caratteristica principale, il suo centro barocco, ma soprattutto Palazzo Biscari alla Marina e la chiesa di San Benedetto. Nel primo arrivano in carrozza Modesta e gli altri personaggi, nella seconda la protagonista rimane affascinata dagli affreschi settecenteschi e dall’organo. Una carrozza, allontanandosi da Palazzo Asmundo Francica Nava, passa anche per via di San Benedetto, tra l'omonima chiesa e quella di San Francesco Borgia, entrambe affacciate su via dei Crociferi.

Palazzo Biscari, già sfruttato nel 2008 dai Coldplay come location per il videoclip di Violet Hill, è in pieno centro storico e venne commissionato a fine Seicento da Ignazio Paternò Castello e poi dal figlio Vincenzo, principi di Biscari. Addossato alle mura cinquecentesche di Catania, volute dall’imperatore Carlo V, venne edificato dall’architetto Alonzo Di Benedetto in seguito al terribile terremoto del 1693, e arricchito dai finestroni scolpiti dal messinese Antonino Amato. Il palazzo venne inaugurato nel 1763, dopo ulteriori modifiche e ampliamenti voluti dai successivi eredi, che incaricarono gli architetti Girolamo Palazzotto e Francesco Battaglia e il pittore Giovanni Battista Piparo che ne affrescò alcune sale. Oltre vent’anni dopo, nel maggio del 1787, vi soggiornò persino Goethe durante il suo viaggio in Italia, in piena tradizione del Grand Tour.

Gli affreschi di San Benedetto a Catania

Anche la chiesa di San Benedetto venne progettata da Alonzo Di Benedetto, ma a inizio Settecento, e fu poi affrescata da Giovanni Tuccari alla fine del terzo decennio del secolo (1726-29). Modesta, una volta all’interno del tempio, viene rapita soprattutto dal Martirio di sant'Agata, come ci dimostra con una soggettiva la mdp di Valeria Golino, a immortalare il legame tra la protagonista e la patrona di Catania, di cui sente la storia da quando era una bambina grazie a Leonora.

Le pitture murali dell’artista messinese, però, erano state cancellate già alla fine del Settecento, quando Antonio Battaglia aveva coperto tutto con lesene e paraste commissionate dal clero catanese. I danni dei bombardamenti del 1943 costrinsero ai restauri avviati nel 1947 che tra l’altro portarono alla riscoperta degli affreschi di Tuccari.

Il ciclo è molto ricco e riproduce, nelle lunette alla base della volta le Sette Virtù, teologali e cardinali, a cui si alternano le Storie di san Benedetto, che al centro del soffitto è celebrato in trionfo, secondo il tipico sfondato della tradizione barocca, che da Pietro da Cortona a palazzo Barberini trova nei soffitti delle chiese romane la sua prima e più naturale collocazione. Infine, è di Tuccari anche l’Incoronazione della Vergine nel presbiterio, sopra l’altare maggiore.

Nelle arcate dell’unica navata, gli affreschi sono di altri pittori non sempre identificati, come nel caso dello stesso Martirio di sant’Agata, al centro della parete sinistra.

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